Un viaggio nella storia della moda tra gli anni ’50 e ’80 alla scoperta dei più importanti atelier di Torino.

Dal 18 al 22 settembre si è tenuta a Torino la seconda edizione di Iconica, manifestazione nata per far conoscere e celebrare la creatività, l’eleganza e i personaggi più importanti della storia della moda. Realizzata in collaborazione con la Soprintendenza Archeologica, Belle Arti e Paesaggio per la città Metropolitana di Torino e curata da Monica Bruno, Iconica è stata inserita nel programma delle Giornate Europee Del Patrimonio. Seguendo il tema dell’edizione 2019, “Atelier. Torino artefice di eleganza”, sono stati messi in mostra 32 modelli creati dalle più importanti sartorie della città tra gli anni ’50 e ’80. Ospitato nelle sale degli Appartamenti Alfieriani di Palazzo Chiablese, l’evento ha richiamato un vasto pubblico interessato alla scoperta o riscoperta di una parte importante della storia della città che ha reso Torino la capitale della moda italiana per gran parte del XX secolo.

Abito Roberto Capucci, 1958 circa

Il capoluogo piemontese, infatti, è stato per diversi decenni il centro della moda, secondo solo a Parigi di cui ha contribuito a far conoscere in Italia le tendenze e gli stilisti più famosi. Proprio a Torino nel 1911 una signora indossò per la prima volta in Italia un paio di pantaloni femminili, chiamati all’epoca “jupes-culottes” e disegnati dal sarto francese Paul Poiret. Questa mise molto originale per l’epoca causò una reazione veemente tra i passanti scandalizzati e la signora fu costretta a rifugiarsi in una profumeria. Sempre nello stesso anno in occasione dell’Expo fu inaugurato un padiglione dedicato alla “Moda Italiana” e si cominciò a parlare di Torino come capitale della moda. Nel 1935 venne aperta in città la sede dell’Ente Nazionale della Moda e a partire dal 1950 venne organizzato il Samia, il primo salone della moda italiana, chiuso poi nel 1977. A partire dagli anni ’60 grazie al GFT (Gruppo Finanziario Tessile) la produzione divenne industriale e per circa 20 anni il polo torinese produsse e distribuì capi per marchi come Valentino, Armani e Ungaro. Le cose cambiarono negli anni ’90 quando Milano portò al successo la sua fashion week.

A partire dagli anni ’50 gli atelier torinesi più prestigiosi cominciarono a produrre abiti su misura riproponendo quelli delle grandi maison parigine, come Dior, Givenchy e Yves Saint Laurent. Le sartorie più prestigiose acquistavano direttamente dalle griffe i cartamodelli, detti anche toiles, e poi li realizzavano per le loro clienti. Se apportavano qualche modifica o realizzavano gli abiti sui cartamodelli acquistati dalla maison apponevano la propria etichetta. In questo modo le signore della nobiltà e dell’alta borghesia della città potevano sfoggiare abiti disegnati da grandi stilisti ma riprodotti su misura dalle loro sartorie di fiducia.

A sinistra abito Atelier Badolato, toile Yves Saint Laurent, 1980 circa.
A destra abito Yves Saint Laurent Rive Gauche, 1970

A Torino in quegli anni gli atelier più importanti erano: Sanlorenzo, sorelle Cappa, Badolato, Naide, Noussan, Trinelli, Vacchetta, Favro, Longo e Roccuzzo. Completavano gli abiti sartoriali i bijoux di DeWan e i famosi cappelli di Pina Cerrato.

Abito Atelier Sanlorenzo, 1987 circa
Cappello Pina Cerrato
Bozzetto cappello Pina Cerrato

Guardando gli abiti e i bozzetti esposti non si può non pensare che l’eleganza dei decenni passati era ben diversa dallo stile attuale e che non sarebbe male se tornasse un po’ in auge.

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